LEGGI E REGOLAMENTI
LA ASD NELLA GESTIONE DI GOLF, PISCINE E TENNIS
di Marco Bargagli
Un’Associazione Sportiva Dilettantistica (ASD) può essere definita come un’organizzazione senza scopo di lucro, costituita da più persone per perseguire finalità di interesse comune, ivi compreso l’esercizio dello sport praticato in forma dilettantistica.
Come previsto dall’articolo 148 del D.P.R. 917/1986, rubricato Enti di tipo associativo, non é considerata commerciale l’attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo.
Per tale motivo, le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi, non concorrono a formare il reddito complessivo.
Si considerano tuttavia effettuate nell’esercizio di attività commerciali, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli associati o partecipanti dietro il pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto.
Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti positivi del reddito di impresa (ex articolo 85 del D.P.R. 917/1986) o come redditi diversi (ex articolo 67 del D.P.R. 917/1986), secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità.
Ciò detto, qualora l’ASD voglia usufruire dei benefici fiscali riservati agli enti non commerciali, dovrà redigere il proprio Statuto recependo le specifiche clausole previste dalla normativa di riferimento, di seguito evidenziate:
divieto di distribuire anche in modo indiretto utili o avanzi di gestione, nonché fondi riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla Legge;
obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità;
disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione;
obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario, secondo le disposizioni statutarie;eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo (ex articolo 2532, comma 2, del codice civile), sovranità dell’assemblea dei soci, associati o partecipanti e criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti;
intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.
Infine, occorre precisare che il riconoscimento dell’associazione a fini sportivi implica l’iscrizione del registro tenuto dal CONI che dovrà trasmettere annualmente all’Agenzia delle Entrate tutti i dati e le notizie necessari per verificare i presupposti per l’ammissione ai benefici di carattere fiscale.
Con particolare riferimento alle attività svolte da un’associazione sportiva dilettantistica (ASD) e la conseguente possibilità di usufruire dei benefici fiscali previsti dalla normativa di riferimento sopra illustrata, si è espressa la Commissione tributaria provinciale di Milano, con la sentenza n. 4654/19/2017 pronunciata il 23 giugno 2017.
Nel corso di una verifica fiscale, accanto alle attività istituzionali svolte dalla ASD, quale la pratica sportiva del tennis e del golf, venivano individuate altre attività (gestione della piscina, dell’area fitness e della club house), ritenute invece di natura commerciale.
In particolare, l’area denominata club house era costituita da locali, spazi, impianti, arredi ed attrezzature per la ristorazione.
Ciò posto, come si rileva nella sentenza di prime cure, a seguito dei controlli effettuati da parte dell’ufficio, erano state individuate diverse categorie di soci:
il “socio frequentatore”, che attraverso il pagamento di una quota annua aveva il diritto di frequentare tutte le aree del circolo per un anno;
il “socio assente” il quale, forte di una quota annua ridotta, aveva il diritto di frequentare le aree della ASD per un periodo di tempo più limitato, avendo il diritto di frequentare solo le aree della ASD (piscina, area fitness, ecc.), mentre non poteva praticare attività sportiva (golf o tennis).
La pretesa impositiva era fondata sul fatto che gli importi versati dai soci non potevano essere considerati “quote associative” corrisposte per lo svolgimento di attività istituzionali riferite alla pratica sportiva ex articolo 148 del D.P.R. 917/1986.
Quindi, le medesime quote risultavano imponibili per la mancata connessione con l’attività dilettantistica, non potendo essere ritenute accessorie e connesse le prestazioni di somministrazione di attrezzature sportive (es. vendita di accessori ed abbigliamento specifici per la pratica del golf), nonché le attività di gestione di spacci aziendali.
Nello specifico, sulla circostanza che tali attività accessorie erano rese da società commerciali in forza di specifici contratti l’ufficio rilevava che, come risultava dalla lettura dei contratti esibiti, emergeva chiaramente la forte ingerenza della ASD nella gestione di queste società commerciali, la quale si spingeva fino ad assumere un ruolo attivo nella gestione del bar e del ristorante.
Inoltre, emergeva che nel prospetto denominato rendiconto economico-finanziario dell’ASD, erano confluite delle voci di spese direttamente imputabili all’attività imprenditoriale di bar e ristorante, quali le quote di ammortamento del costo della cucina e degli arredi.
Infine, veniva evidenziato che la concessione in locazione e/o comodato di locali non rientrerebbe, comunque, nell’attività istituzionale dell’ente senza scopo di lucro.
La Commissione tributaria provinciale di Milano ha respinto il ricorso presentato dal contribuente, accogliendo la tesi dei verificatori.
Per l’organo giudicante non è in discussione la natura di associazione sportiva dilettantistica del contribuente in oggetto, né conseguentemente il suo diritto a fruire di agevolazioni fiscali, le quali però non possono essere riconosciute con riferimento alle attività commerciali svolte, che hanno natura diversa da quelle istituzionali.
Nel caso esaminato dai giudici milanesi, in particolare, il socio frequentatore ha il diritto di utilizzare l’area denominata club house, la piscina e l’area fitness senza che ciò comporti la necessità di praticare l’attività sportiva del golf e del tennis.
Di conseguenza, in relazione a quanto previsto dall’articolo 148 del D.P.R. 917/1986 viene ravvisata la natura commerciale dei servizi di somministrazione di pasti, nonché delle attività di gestione di spacci aziendali e di mense fruiti per i servizi sopra indicati.
Viene inoltre confermata la natura commerciale di alcune ulteriori entrate, che risultano svincolate dall’esercizio della pratica sportiva quali, ad esempio, quelle:
costituite dalle quote sostenute per l’esclusiva frequenza al club house, alla piscina e alla zona fitness;
versate da soggetti esterni per la partecipazione alle gare, rispetto a quelle versate dai soci del club, nonché dai soci iscritti ad altri circoli;
riconosciute per la promozione golf, costituite dagli importi incassati dai tesserati liberi F.I.G. non iscritti ad alcun sodalizio, per l ‘utilizzo del campo pratica golf;
corrisposte per i servizi di Golf car a motore/Golf car a batteria/Carrello Elettrico;
riconducibili a prestazioni di fornitura di energia elettrica e di gas metano, versate dai soci per l’illuminazione e il riscaldamento dei campi da tennis durante il periodo invernale.